“La Giunta non ha titolo per rivolgersi alla Consulta”
Intervista a Paolo Maddalena
di Marco Filoni
"Non si può pensare che tutto sia lecito, che tutto si possa fare, perché così salta l’ordinamento della vita civile. E se barattiamo la nostra legalità costituzionale con le esigenze di salvare il governo facciamo un errore enorme."
di Marco Filoni
Sulla vicenda
dell’agibilità politica di Berlusconi se ne leggono davvero molte (in tanti si
sono improvvisati dotti giuristi per interpretare le norme con molta libertà
d’immaginazione). Quando il prossimo 9 settembre la Giunta delle elezioni e
delle immunità parlamentari del Senato dovrà decidere sulla decadenza del senatore
Berlusconi non potrà far altro che far valere la legge Severino, quella
sull’incandidabilità (quindi sulla decadenza) di condannati in via definitiva.
Ecco perciò che i sostenitori del Cavaliere vorrebbero che questa legge fosse
giudicata dal parere di numerosi e autorevoli costituzionalisti. Da qui l’idea
di sottoporla al parere della Corte Costituzionale (che significherebbe due
mesi per decidere l’ammissibilità del parere e, nel caso, circa un anno per
entrare nel merito). Abbiamo chiesto a Paolo Maddalena, che quella Corte l’ha
presieduta (attualmente ne è vicepresidente emerito), cosa ne pensa.
Dottor Maddalena, si
rivolgeranno alla Corte?
Credo che non ci sia lo
strumento procedurale per arrivare alla Corte. La Giunta è un organo
amministrativo, così come la Camera è un organo legislativo. E in quanto tali
non hanno accesso alla Corte Costituzionale. La legge che regola il giudizio
davanti alla Corte dice che il ricorso può essere promosso solo in via
principale, da parte dello Stato (Regioni, amministrazione centrale, ecc.) con
termini di decadenza; oppure in via incidentale nel corso di
un giudizio davanti al
giudice ordinario o al giudice amministrativo.
Il procedimento davanti
alla Giunta non si può definire un procedimento giurisdizionale.
Ma esistono eccezioni?
C’è qualche precedente,
direi poco condivisibile, in materia di accertamento di eleggibilità da parte
di consigli comunali. Ma è una giurisprudenza molto remota. Al contrario esiste
giurisprudenza chiara e recente che ha stabilito, sia per la Camera sia per il
Senato, che la procedura davanti alla Giunta non ha valore di giudizio. Quindi
non c’è la sede per poter sollevare la questione di incostituzionalità.
Eppure sembra la via
indicata da molti...
Ma cosa si va a
impugnare? Il Parlamento impugna una legge che lo stesso Parlamento ha
adottato? Già questo mi sembra assurdo. E poi il nocciolo giuridico che è stato
prospettato consisterebbe nel sostenere che questa legge contrasta con
l’articolo 3 della Costituzione, in quanto la posizione del Capo del governo è
diversa da quella di tutti gli altri cittadini. Quell’articolo recita che tutti
i cittadini sono uguali di fronte alla legge. Ma c’è anche l’articolo 54 della
Costituzione che si dimentica; questo dice che tutti i cittadini devono
rispettare la legge e la Costituzione, ma i cittadini che sono investiti di
pubbliche funzioni (quindi i magistrati, i parlamentari, il capo del governo e
i ministri) devono agire con dignità e onore. Come si fa a dire che queste
persone sono discriminate? Mi pare assurdo mettere in campo un principio di
disparità di trattamenti. La legge Severino è una norma perfettamente in linea
con la Costituzione. Se il potere legislativo ha cambiato opinione faccia
un’altra legge. Ma intanto quella che c’è va attuata.
C’è chi sostiene che
questa legge non può essere retroattiva.
Ma non è una legge
penale, per la quale si può parlare di irretroattività. È una legge che
stabilisce quali sono i requisiti per essere eleggibile. Vale perciò il
principio che è stato una della ultime conquiste della nostra legislazione:
parificare l’illegittimità preventiva alla decadenza successiva. Non c’è
via di scampo. Si sta creando un polverone su nulla.
Un nulla condiviso da
molti commentatori...
Mi meraviglio dei
soggetti, anche pregevoli, che sostengono queste idee. Siamo di fronte a un
caso chiaro: c’è una condanna passata in giudicato e questa è il presupposto
per l’applicazione della legge Severino, che non è penale e quindi non si pone
la questione della irretroattività.
Quindi?
La legge va applicata
con piena coscienza e senza nessun ripensamento. Dal punto di vista giuridico è
chiarissima, non c’è possibilità di scampo.
E se il ricorso alla
Corte fosse solo un pretesto per prender tempo?
Se così fosse sarebbe
gravissimo. Se si trattasse di una specie di escamotage allora inviterei
alla prudenza: bisogna star attenti che così si fa crollare la Costituzione
perché si va a colpire la sua essenza. Ovvero la legalità costituzionale, la
conformità della legge alla Costituzione.
Poniamo il caso che
davvero si farà ricorso alla Corte: questa che farà?
A mio avviso non ha
altra via che dichiarare il ricorso inammissibile.
Sarebbe un colpo
durissimo per chi l’ha proposto.
Cosa s’aspettano del
resto se chi chiede il parere non è un giudice?
E se per, diciamo così,
“cortesia istituzionale”, dichiarasse il parere ammissibile?
A quel punto dovrebbe
entrare nel merito e dichiararlo infondato. Ma arrivare a questo punto sarebbe
grave. Non si può pensare che tutto sia lecito, che tutto si possa fare, perché
così salta l’ordinamento della vita civile. E se barattiamo la nostra legalità
costituzionale con le esigenze di salvare il governo facciamo un errore enorme.
Perché la legalità costituzionale
è il fine ultimo della vita civile.
Il Fatto Quotidiano
27.08.2013
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