Avanti
con le larghe intese
per scassinare la stanza 138
"... stanno fingendo di governare insieme per cambiare insieme la Costituzione.
E diventa chiaro perché, proprio adesso, “dobbiamo continuare” (si chiama “stabilità”): interrompere adesso il governo vuol dire – certo per il Pd – perdere tutto: le riforme, stranamente e ostinatamente volute insieme a Berlusconi, a Santanchè, a Cicchitto, a Brunetta, perdere la faccia, perdere la fiducia degli elettori, che non hanno mai chiesto né voluto una riforma della Costituzione (non “con loro”)."
di Furio Colombo
C’è un equivoco nel messaggio al Paese a reti unificate di
Silvio Berlusconi, che ha sentito il bisogno di celebrare in modo
estroso la sua condanna definitiva a quattro anni di reclusione, con esclusione
dai pubblici uffici, per colossale e ingegnosa frode fiscale.
Non lo dico per antiberlusconismo, di cui pure mi si può
sospettare, ma per una necessità professionale di chiarezza. Infatti,
l’equivoco ha deviato un poco anche il monito presidenziale, che ha
rimproverato equamente due presunte parti in conflitto, senza notare
che si trattava di un criminale e dei suoi giudici. Può essere utile
ricordare brevemente.
Il condannato, apparso su tutte le reti, ha definito i
giudici impiegati che dovrebbero obbedire e invece gli sono stati
gettati contro dai “comunisti” del partito dell’odio. Ma ecco l’equivoco.
È evidente che coloro che perseguitano Berlusconi e coloro che
vogliono governare con lui, al punto da obbedirgli anche se in
apparenza presiedono il governo, non possono essere le stesse
persone. Se i giudici fossero politici, lo assolverebbero subito per
permettergli di governare insieme ai suoi presunti persecutori. È
vero che i famigerati “comunisti” non lo hanno mai politicamente
battuto (o meglio, due volte, ma con Prodi in testa). Ora può, proprio
lui, dimenticare, benché in tarda età, che proprio i “comunisti”
hanno chiuso perentoriamente la bocca a chi stava provando a fare
davvero opposizione (i “girotondi”, Sylos Labini, Antonio Tabucchi, L’Unità
tra il 2001 e il 2007)?
Il fatto è che “le grandi intese” con Berlusconi (“da non
demonizzare, da non criminalizzare, da non chiamare regime, stando, per
favore, alla larga dalla malattia infantile dell’antiberlusconismo”) sono
cominciate subito dopo Prodi e continuate sempre, nelle commissioni e
in aula, fino a votare insieme leggi come “il pacchetto sicurezza” contro
gli immigrati o il trattato di fraterna amicizia perenne con la Libia
di Gheddafi.
MA VI PARE che chi vota insieme alla Lega e poi – all’unanimità
(tranne due Pd e i Radicali) per Gheddafi (compreso l’esborso di una
immensa cifra da cui ci ha salvato soltanto la loro rivoluzione)
manderebbe i giudici a perseguitare Berlusconi? Egli lo dice perché
persino lui si rende conto che altrimenti il suo rabbioso lamento
apparirebbe (lo è) del tutto privo di senso.
Ma questo modo di mettere le cose (fingendo, creduto fino in alto,
che la condanna sia parte della lotta fra politica e giustizia) lo
protegge da una domanda che certo lo infastidisce: nel Paese in cui
così tanti e così volentieri gli hanno ceduto e continuano, per
prudenza, a cedergli, perché solo i giudici hanno mantenuto il loro
impegno costituzionale, e lo fanno persino se sono autorevolmente
sgridati? Ammettiamolo, questa domanda per Berlusconi è un tormento, ed
è necessario trasformarlo in complotto. Berlusconi ci riesce sulla
base di due fattori ignoti in altri luoghi e sistemi politici del
mondo. Il primo è che un uomo, che dovrebbe essere già detenuto,
parla al Paese. Il secondo è la protezione giornalistica che lo
scorta.
Esempio. il giorno dopo il violentissimo attacco ai giudici
che “hanno posto fine alla democrazia”, un importante commentatore politico
ha scritto: “Berlusconi ha dato una grande lezione di realismo”
(Pierluigi Battista, Corriere della Sera, 19 settembre). Ma
sullo stesso giornale, appena un mese dopo la pesante condanna
definitiva (15 settembre) lo scrittore e critico Gian Arturo Ferrari
aveva anticipato alcuni argomenti che gli sembrava utile fornire agli italiani:
“Quella in corso su Berlusconi è semplicemente una guerra,
ricompaiono i cappi al collo, le esecuzioni e i relativi plotoni.
(...) Ma dietro il fango, lo sfregio, dietro l’indecenza c’è qualcosa
di ancora più preoccupante. Il nostro futuro”. Ancora pochi giorni
più indietro (12 settembre) il Corriere della Sera aveva
pubblicato un editoriale di Michele Ainis in cui troviamo la chiave
di tutto. Perché il condannato si vendica sui giudici ma non sui
politici, dopo avere detto che la sua condanna è politica? Perché
certi politici vogliono a tutti i costi governare con il condannato?
Il fatto è che le due parti stringono insieme la chiave della stanza
138, dove hanno depositato qualcosa che è caro a entrambi, Ecco,
nelle parole di Ainis, che è un apprezzato giurista, la spiegazione
del thriller: “Il finimondo è un numero a tre cifre, 138, agitato
come un altolà da quanti si oppongono al disegno di riforma e vedono un
grimaldello per forzare la serratura della Costituzione. Sicché è
guerra alle regole, tanto per cambiare (notare l'esasperazione, ndr).
Infatti l’art. 138 detta le procedure per correggere la Carta.
DOV ’È LA FERITA alla legalità costituzionale? “Un modo per dire
che Stefano Rodotà, decine di altri giuristi, certo dello stesso livello
e competenza di Ainis, e centinaia di migliaia di cittadini celebri e
ignoti che hanno offerto le loro firma per salvare la Costituzione
dai lavoretti in comune con il condannato e la sua gente, sono solo
dei guastafeste male informati e mal guidati. Anzi, come dice
testualmente Ainis con una stupefacente capriola, “sono i
conservatori”. Ma in questo modo sappiamo che stanno fingendo di
governare insieme per cambiare insieme la Costituzione. E diventa
chiaro perché, proprio adesso, “dobbiamo continuare” (si chiama “stabilità”): interrompere
adesso il governo vuol dire – certo per il Pd – perdere tutto: le
riforme, stranamente e ostinatamente volute insieme a Berlusconi, a
Santanchè, a Cicchitto, a Brunetta, perdere la faccia, perdere la
fiducia degli elettori, che non hanno mai chiesto né voluto una
riforma della Costituzione (non “con loro”). E andare al voto con
il Porcellum. Resterà qualche dubbio sulla qualità del gioco politico
della presunta opposizione a Berlusconi. E dei giocatori.
Il Fatto Quotidiano 22.09.2013