sabato 26 ottobre 2013

Rodotà: La Carta in mano agli inaffidabili


di Daniela Preziosi

Professor Rodotà, partiamo dal voto al Senato sullo «strappo» – parole sue – all’art. 138 della Carta. Per soli cinque voti al Senato sono stati superati i due terzi dei sì. Non sarà possibile fare il referendum. 
Partiamo dal dato numerico: si è visto in maniera evidente che sulla modifica dell’art.138 il consenso parlamentare è molto modesto. La maggioranza non è stata compatta. Per ragioni di convenienza politica?, per schermaglie interne al Pdl? Sta di fatto che su questo passaggio grave non si può dire che ci sia una forte convinzione parlamentare. Bastava che pochi uscissero dall’aula o si astenessero perché il risultato fosse capovolto. E chi dice che una parte del Pdl ha votato strumentalmente conferma che ogni passaggio delle riforme potrà essere caratterizzato da questa strumentalità. Questa non è una maggioranza cui può essere affidata la riforma.

La parte del Pd a cui voi della ‘via maestra’ vi eravate rivolti, a parte rare eccezioni, non ha risposto. 
La strada scelta ha attutito la sensibilità costituzionale all’interno del Pd. Non voglio fare polemiche personali, ma sbaglia chi derubrica la modifica del 138 a passaggio tecnico. Non è così: è un fatto senza precedenti. La riforma di Berlusconi e quella dell’art.81, buone o cattive che fossero, sono state fatte rispettando la regola di garanzia.

C’è chi obietta: è una procedura sospesa solo per questa volta. 
È un’obiezione strumentale. Ci si batte per il voto segreto sulla decadenza di Berlusconi con l’argomento che non si cambiano le regole a partita cominciata, ma in questo caso non vale? E dire che è stato rispettato «lo spirito» di quell’articolo non sta in piedi: se cambia la procedura si introduce una logica diversa. Si crea un precedente. Un’altra maggioranza, con intenti ancora peggiori di quella attuale, potrebbe dire: l’abbiamo già fatto.

Un’altra obiezione: i costituenti hanno stabilito che se l’approvazione avviene con i due terzi del parlamento il referendum non serve. I due terzi sono stati raggiunti.Chiedevate di contraddire un principio voluto dai costituenti? 
Qui c’è un difetto di informazione: le maggioranze di garanzia previste dalla Costituzione facevano riferimento ad un parlamento eletto con il proporzionale. La presenza di tanti gruppi era garanzia al fatto che nessuno effettuasse forzature. Noi siamo passati a leggi elettorali maggioritarie che hanno fatto venire meno questa garanzia, informale ma di sostanza. Ricordo che all’indomani della riforma costituzionale di Berlusconi fu Oscar Luigi Scalfaro a dire: dobbiamo proporre una modifica perché quella maggioranza, in regime maggioritario, è troppo bassa. Voglio aggiungere un’altra considerazione: si sostiene che bisogna riaprire canali di comunicazione fra cittadini e istituzioni, e invece introduciamo modifiche costituzionali senza che i cittadini abbiano subito la possibilità di dire la loro.

La senatrice Puppato, presente alla vostra manifestazione, poi ha votato sì e ha detto al manifesto: i costituenti avevano più fiducia nel parlamento dei costituzionalisti della ‘via maestra’. 
Appunto, la considerazione che Puppato non fa è che in filigrana della Costituzione c’è la legge proporzionale. Oggi alla Camera con il 25 per cento si prendono 340 seggi: ma dov’è la garanzia? Da parte nostra verso le camere c’era una forte speranza, più che fiducia: un parlamento consapevole di come è stato costituito deve lasciare ai cittadini la possibilità di intervenire. Non abbiamo fatto le barricate, ma invitato i parlamentari a riflettere.

La stessa richiesta fu rivolta nel corso della modifica dell’art.81, l’introduzione del pareggio di bilancio in Costituzione. 
E anche allora non fu ascoltata. I cittadini sono stati tagliati fuori in un passaggio che secondo alcuni altera di molto la logica costituzionale. Ci dicono che quella era una questione di sostanza, e forse avevamo ragione, ma questa di oggi invece è una questione di procedura: no, è la garanzia delle garanzie.

Quello di mercoledì è stato in fondo un nuovo voto di fiducia alle larghe intese. Tant’è che chi ha votato no da destra, lo ha fatto per ‘avvertire’ il governo Letta. 
Questo conferma che la riforma è nelle mani di chi la adopera come strumento di guerriglia parlamentare per le faccende interne ai singoli partiti. Come si può affidare la riforma a chi punta a salvare la maggioranza e non guarda al merito?

Vi aspettavate di più da quell’area critica del Pd che invece fatica, tranne poche eccezioni, a praticare il proprio dissenso? 
Questi sono affari loro. Per me chi è venuto in piazza il 12 ottobre ha dimostrato che il tentativo di mettere insieme una coalizione sociale – non un partito – è stato percepito anche da chi sta nei partiti, che non l’ha vista come un’aggressione. In piazza c’erano quelli molto critici con le modalità di funzionamento del Pd, che ora possono trarre forza dalla legittimazione che viene dai cittadini. Nel Pd questi parlamentari sono pochi, ma la loro presenza è importante. Speriamo che fra loro questa consapevolezza cresca.

Il presidente Napolitano ha detto: «Per far vivere la prima parte della Costituzione bisogna far vivere la seconda». È d’accordo? 
Dipende dalle modifiche. Il rapporto fra la prima e la seconda parte della Carta è una discussione aperta da tempo. La Costituzione non si può tagliare a fette. Modificare la seconda può avere effetti sulla prima. Se per esempio si modifica il procedimento legislativo in modo da diminuire le garanzie, o si interviene sulla magistratura intaccando la sua indipendenza, succede che la prima parte formalmente non è stata toccata, ma sostanzialmente sì. La stessa riforma dell’art.81 agisce pesantemente sulla tutela dei diritti previsti nella prima parte. La mia domanda è: in che modo modificheranno la seconda parte?

Le riforme saranno materia di discussione dei prossimi mesi. Ora Luciano Violante vi ha invitato al dialogo. Accetterete? 
Nessuno di noi si è mai chiuso al dialogo. Al contrario, abbiamo cercato di rendere la discussione aperta e libera, lasciando anche spazio adeguato anche ai cittadini. Noi, intendo noi organizzatori della manifestazione ‘la via maestra’, ora lavoriamo a individuare le questioni di merito all’ordine del giorno della commissione dei 42. Benvenuta la disponibilità alla discussione, mi auguro che non ci saranno più le chiusure verificate finora. Soprattutto mi auguro che sia mantenuto il progetto di società che sta dentro la Costituzione. Che è fortemente collegato alla forma di governo.

Dopo la manifestazione del 12 ottobre c’è stata quella del 19, sul diritto all’abitare. C’è un collegamento fra le due piazze? 
Il collegamento è nelle cose. C’è stato un tentativo di descrivere quella manifestazione solo come un rischio per l’ordine pubblico. Ma anche un critico molto severo come il giudice Giancarlo Caselli, in alcuni casi giustamente severo sull’uso di metodi violenti, ha messo in evidenza il carattere pacifico e serio di quella manifestazione, che non è stata inquinata da altro. In quella piazza è stato individuato uno dei diritti fondamentali di cittadinanza, quello dell’abitazione. Forse da parte dei manifestanti del 19 ottobre c’è una sottovalutazione dell’importanza delle garanzie costituzionali. Noi, il 12, avevamo come punto di riferimento la necessità di mantenere in piedi il quadro complessivo delle garanzie democratiche: se questo viene incrinato, anche la possibilità di affermare specifici diritti finirebbe limitata. Ma non c’è alcuna incompatibilità fra le due manifestazioni, come qualcuno ha provato a dire. Ci sono affermazioni, scelte di metodo e di agenda che possono non coincidere. Ma il punto è comune.

C’è chi ha detto: quella del 12 ottobre era la manifestazione di chi i diritti li ha, quella del 19 di quelli che non ce l’hanno. Cercherete un dialogo? 
Sono sempre sospettoso con letture del genere. La presenza o l’assenza della Fiom non è fatto che possa essere liquidato con leggerezza. La Fiom non difende solo i diritti di quelli che ce l’hanno. Anzi sui luoghi di lavoro fa la battaglia per chi i diritti li ha persi. Evitiamo vecchie polemiche, o ragionamenti che rischiano di essere giochini. Oggi è necessario affermare la dimensione dei diritti in tutta la sua pienezza.

Quale sarà la prossima tappa della ‘via maestra’? 
Ci stiamo lavorando. Stiamo prendendo atto delle moltissime suggestioni arrivate dalle molte partecipazioni, individuali e collettive. Ci faremo vivi nei prossimi giorni.


Il Manifesto, 26.10.2013

martedì 15 ottobre 2013

Accelerazione nella modifica dell'art. 138: emergenza democratica

Costituzione, il Senato brucia i tempi: oggi l’assalto all’articolo 138

Eccolì lì..... Siamo alla resa dei conti.
Manometteranno la Costituzione impunemente.
La VIA MAESTRA chiede di lasciare il referendum nell'art. 138
Se non lo faranno, sarà chiaro, per tutti e non solo per pochi, l'intento AUTORITARIO. 
E' EMERGENZA DEMOCRATICA: 
Si prospettano tempi duri se non si arriva a una mediazione. 
Non tener conto che questo è un parlamento di NOMINATI, eletto con una legge presto ANTICOSTITUZIONALE e che queste riforme sono GOVERNATIVE (ANTICOSTITUZIONALMENTE GOVERNATIVE) e di un governo che NESSUNO DEGLI ELETTORI dei partiti che lo compongono ha voluto, tutto questo, rende queste modifiche
INIQUE e CRIMINALI.
Sfregio alla tradizione democratica che comunque questo paese aveva tenuto nelle sue contraddizioni infinite.
La Resistenza deve proseguire, pacificamente come nella la manifestazione di sabato, deve assolutamente proseguire.....



domenica 13 ottobre 2013

Tanti per la Costituzione come programma per una nuova idea e realtà d'Italia

Tanti tanti tanti e uniti per difendere la Costituzione e progettare il futuro con la Carta come programma politico, sociale, culturale, ambientale e economico!


venerdì 11 ottobre 2013

Il nuovo editto di Re Giorgio: domani rispondiamogli in tanti

Re Giorgio lancia il suo nuovo editto a sfida della Manifestazione di domani. 
Parla di sapiente riforma della Costituzione.
Di "sapiente"le riforme proposte e i suoi saggi hanno ben poco.... Lui insiste. 
E' il suo mandato principale arrivare a manomettere la Carta. E' grave, grave, grave. 
Domani in tanti. E' vitale per quel che resta di questa democrazia e di questo paese fiaccato nella sua capacità di cogliere quanto sta tragicamente avvenendo. 
Svegliamolo.

http://www.ilfattoquotidiano.it/2013/10/11/costituzione-napolitano-ora-e-possibile-sapiente-rinnovamento-della-carta/740481/#.UlgI78v4UnY.facebook





venerdì 4 ottobre 2013

Per una Costituzione come scopo e bene comune: partiti un passo indietro, movimenti un passo avanti


Prima e dopo il 12 ottobre. Alcune riflessioni

Da quando si è cominciato, o meglio ricominciato, a parlare di riforme della Costituzione dalla rabbia e dall'indignazione è gemmata un'altra emozione: la paura.
Era inevitabile il pensiero che siamo alla resa dei conti.
Da anni è evidente il progressivo esautoramento degli stati nazionali e della politica come loro strumento elettivo. Al di là della vergogna o tristezza nazionale chiamata Silvio Berlusconi, questo è un fenomeno globale e transnazionale che ha origini lontane.
Le "piccole" modifiche della Carta nata dalla Resistenza (nel 2001 tit. V Parte II Cost., artt. 114-133 e all'art. 118 comma 1; 2012 Il fiscal compact, art. 81) che riguardavano sussidiarietà e pareggio di bilancio, quanto sono state efficaci e chirurgiche per i sostenitori del neo-liberismo senza limiti, tanto sono state deleterie per chi crede in un modello diverso di convivenza umana. In ogni caso annunciavano ulteriori e definitivi attacchi all'ultima diga posta a salvaguardia della democrazia, dei diritti e, per dirla con Hannah Arendt, del diritto di avere dei diritti.
Dicevo, paura.
A luglio, quando con un colpo di mano estivo le riforme costituzionali sono state messe al primo posto dell'agenda parlamentare, la paura è diventata di necessità, azione.
A fine luglio è nato il Comitato Viva la Costituzione del Veneto e, successivamente, abbiamo partecipato e aderito all’Assemblea dell’8 settembre al Frentani di Roma, convocata da Rodotà, Landini, Carlassare, Zagrebelsky e don Ciotti, dalla quale è nata la proposta di una Manifestazione Nazionale a Roma per il 12 ottobre.
L’Assemblea ha decisamente convinto, per la prima volta dopo tempo si è respirata la possibilità di una seria e costruttiva opposizione senza velleità elettorali e centrata su un dialogo politico che sappia aprire al futuro e non al passato delle varie identità presenti.
L’Assemblea inoltre, ha convinto per le personalità dei promotori, non ambigue e autorevoli, per i contenuti, per la gestione di un processo teso a unire piuttosto che a dividere, per il timone orientato nella direzione dei movimenti e delle battaglie da questi sostenute e spesso vinte, tenendo fuori, saggiamente e speriamo con forza, i partiti.
Pur essendo consapevoli, dopo tante illusioni a sinistra, che non sempre il buon giorno si vede dal mattino, abbiamo semplicemente preso atto di un inizio molto positivo.
Giustamente è stato detto che il percorso tra il 9 settembre e il 12 ottobre, è e sarà indicativo della possibilità di aggregazione di tante realtà che possono identificarsi in un comune progetto di difesa e di sostegno della Costituzione, proposta come prossima Agenda politica.
Oggi, 4 ottobre, dopo la minaccia superata della crisi di governo e dopo l’ignobile balletto del PDL e del PD, la volontà di stravolgere la Costituzione appare, purtroppo,  ancor più forte e determinata, tanto da far pensare a molti, che sia proprio questo il principale obiettivo di questo disastrato ma potentissimo governo, presieduto nei fatti da Napolitano, dalla Troika e dai poteri economici che ne ispirano l’azione.
E’ ormai indubbio che l’Italia non è più governata da un governo e da un Parlamento eletto dai cittadini: il Parlamento è un parlamento di nominati eletti con una legge che verrà probabilmente dichiarata a breve incostituzionale, il governo è un governo non voluto dagli elettori e a decidere le sorti del governo, è un Presidente della Repubblica garante di una volontà europea e extrapolitica.  Molte volte è stata citata la relazione della Banca J.P. Morgan che esprime il diktat di annullamento delle Costituzioni nazionali che intralciano lo strapotere dei mercati.
Solo ora, ai più, questo disegno appare con chiarezza e solo ora ci si rende conto che i giochi sono quasi totalmente decisi.
L’8 settembre ha visto la luce una prima opposizione a tutto questo. Cosa ne sarà?
Maurizio Landini, nel suo intervento a conclusione dell’Assemblea al Frentani ha risposto che:  “se qualcuno vuole sapere come andrà a finire è meglio non inizi neppure”.
Ritengo una garanzia questa mancanza di promesse: ne abbiamo sentite troppe di promesse e abbiamo avuto troppo bisogno di sicurezze fornite dal “salvatore” di turno.
Basta. Ora c’è bisogno di costruire, di non delegare, di riprendere in mano, ciascuno e ognuno il diritto-dovere di fare e soprattutto di ri-creare la politica.
Non è scontato.
Non è facile.
Non sarà un percorso scevro da delusioni e ferite.
Ma è l’unica e forse l’ultima possiblità che ci rimane.
Basta stare alla finestra per vedere se il progetto “ci convince”.
Non so quanti saremo a Roma, speriamo molti.
In ogni caso sarà dal 13 di ottobre che inizierà il vero lavoro. 
Più volte è stato chiesto a Rodotà e Landini se hanno intenzione di creare un nuovo soggetto politico.
La speranza che qui esprimiamo è che non lo facciano, per ora. Se dovrà essere, questo soggetto dovrà nascere come risultante necessaria di un processo di fusione sana delle energie migliori, dalla convergenza dei movimenti più intraprendenti e lungimiranti del paese, dalla saggia gestione di un processo politico inclusivo ma con il timone fermo verso l’obiettivo, dalla creazione di gruppi di lavoro, espressione di vere risorse umane e politiche e non vetrine narcisistiche e autoreferenziali di personalità singole, di cui è pieno l’orizzonte politico e sociale italiano, nei partiti come nei movimenti.
E’ necessario quindi promuovere un cambiamento culturale nei modi di far politica, una modalità all’altezza dei contenuti e delle forme che la politica oggi esige: persone nuove e credibili; non protagonismi o figure pseudo-salvifiche;  condivisione di buone pratiche sociali e politiche; processi partecipati innovativi e gestiti con competenza; termini e linguaggi nuovi, disancorati da tradizioni lise e desuete.
Tutto questo sarà possibile se partiti e movimenti sapranno fare, rispettivamente un passo indietro e un passo avanti.
I partiti e i soggetti politici tradizionali della sinistra dovrebbero fare, ovviamente, un passo indietro dal panorama politico e offrire, a questo progetto comune, il loro supporto logistico e organizzativo a livello territoriale. In questo caso il loro “non fare” sarebbe una potente azione politica e la rinuncia a simboli e bandiere l’accreditamento più forte di rinnovamento.
I movimenti, d’altro canto, dovrebbero cercare di superare particolarismi e localismi, effettiva risorsa fino a questo punto, ma che rischia di essere anche la loro massima debolezza in questa nuova fase. Parallelamente dovrebbero fare un decisivo passo avanti verso una maggiore assunzione di responsabilità politica, sia in termini di persone che di know how partecipativo e tecnico.
Si tratta quindi di un ricambio non necessariamente generazionale, ma sicuramente di un ricambio esperienziale e di modelli partecipativi.
Troppo ambizioso?
Sì probabilmente, ma se non riusciamo a fare tutto questo, sarà difficile poter ottenere risultati importanti: il peso specifico del passato sarà troppo forte e troppo pervasivo.
Dobbiamo puntare veramente in alto, in alto rispetto al grado di cambiamento per affrontare  una grande sfida che vede la Costituzione come punto di partenza e punto di arrivo comune.

PADOVA 09.10.2013 INCONTRO verso la VIA MAESTRA: LA COSTELLAZIONE DEI DIRITTI